Leggendarie e incerte sono le origini di Andria; sembra comunque accertato che Pietro I il Normanno, Conte di Trani, fondò, o meglio, rifondò Andria elevandola a "civitas",cingendola di mura, verso il 1046.La città fu, dunque, dominio normanno sino a quando il Regno di Puglia e di Sicilia passò, nel secolo XII, agli Svevi, la cui storia, in particolare quella di Federico II, è strettamente legata a quella di Andria: nella cripta della cattedrale, furono infatti sepolte due delle sue mogli, Jolanda di Brienne e Isabella d'Inghilterra e ad Andria nacque il futuro imperatore Corrado IV.Dopo la sconfitta e la morte di Manfredi a Benevento, nel 1266, Andria, passata agli Angioini, divenne Contea e sotto Francesco I del Balzo assunse il titolo di Ducato.
Governata da Federico d'Aragona, divenuto poi il re di Napoli, fu assegnata (sec. XVI), durante la dominazione spagnola,
al Gran Capitano Consalvo di Cordova. Il 1552 fu ceduta per 100.000 ducati insieme con il Castel del Monte, al Conte di Ruvo Fabrizio Carafa, il cui figlio Antonio ottenne il titolo di Duca di Andria dal re di Spagna Filippo II.
Nel 1799 Andria, durante la Repubblica Partenopea, fu saccheggiata ed incendiata dalla truppe francesi, per la sua fedeltà al re di Napoli Ferdinando IV di Borbone. L'ultimo rappresentante dei Carafa, Ettore, fu decapitato a Napoli il 1799,in seguito al fallimento della rivoluzione napoletana.
Dopo il breve governo di Gioacchino Murat, durante il quale fu abolita la feudalità e furono confiscati i beni ecclesiastici, Andria divenne una città devota ai Borboni. Fu interessata dai fenomeni del brigantaggio meridionale post-unitario (si ricordi il capo-brigante Riccardo "Ciucciariello"). Non mancarono i patrioti liberali (Montenegro, Priorelli) che parteciparono all'impresa dei Mille; lo stesso Giuseppe Garibaldi fu deputato di Andria al Primo parlamento del Regno d'Italia del 1861. Nel '900 la città visse i grandi fermenti politici e sindacali nazionali, a causa soprattutto della massiccia presenza di braccianti agricoli; le lotte contadine si intensificarono dopo il ventennio fascista e la 2a guerra mondiale.
Oggi Andria è uno dei centri più popolosi della Puglia con gli oltre100.000 abitanti ed è cocapoluogo della nuova provincia pugliese con Barletta e Trani.
Ancora oggi l'attività prevalente è l'agricoltura, in particolare la coltivazione dell'olivo e della vite, seguita dal commercio, dall'artigianato e da una industria in crescita, soprattutto nel settore manifatturiero e dell'abbigliamento.
CASTEL DEL MONTE
Castel del Monte. Fra i castelli edificati da Federico II di Svevia in terra di Puglia, spicca Castel del Monte. Sorge a circa 17 Km da Andria su un colle alto 540 metri s.l.m.. Lo si raggiunge percorrendo la S.S. 170. Il castello fu realizzato da maestranze locali, ma anche da scalpellini e artigiani saraceni e nordici. Il maniero faceva parte di una fitta rete di fortezze strategiche, per lo più destinate alla difesa del territorio, ma Castel del Monte richiama solamente nell'aspetto esterno la tipologia del fortilizio. Appare invece come il simbolo della potenza Sveva, il diadema imperiale che si staglia contro il cielo terso e azzurro di Puglia. Solenne ed armoniosa costruzione a pianta ottagonale con otto torri di forma analoga in corrispondenza degli spigoli, fu fatto erigere, come residenza di caccia o per dotti intrattenimenti sulla matematica e l'astronomia, dall'imperatore svevo nel 1240. Sarebbe da escludere la sua funzione difensiva per la mancanza di un fossato, di sotterranei e di opere di difesa in genere. La sua originalità consiste nella forma della pianta e delle sedici sale trapezoidali dislocate su due piani, collegati tra loro da scale poste nelle torri. Vi si fondono in simbiosi perfetta elementi dello stile romano, arabo, normanno e gotico. Trasformato in prigione dagli Angioini, fu teatro dei festeggiamenti per il matrimonio fra Beatrice d'Angiò e Bertrando del Balzo nel 1308. Dopo alterne vicende, fu acquistato dai Carafa, insieme alla città di Andria, nel 1552; rimasto in seguito incustodito subì una triste storia di saccheggi e devastazioni. Dal 1876 è proprietà dello stato, che lo ha restaurato e reso fruibile.La veste ornamentale. Quando nel 1240 le maestranze di Castel del Monte interruppero la loro opera, a causa di una grave crisi edilizia, l'organismo architettonico era realizzato: si stava completando il rivestimento marmoreo di alcuni ambienti e in pari tempo si andava arricchendo, in qualche sua parte, il corredo scultoreo. Oggi, nonostante la mutilazione o la spoliazione subita dalla costruzione federiciana nel corso dei secoli, è possibile ancora apprezzare e ricostruire il programma ornamentale distribuito con misura ed eleganza in tutto l'edificio. Prima di tutto il colore svolge una funzione importante nella veste ornamentale del castello: l'accostamento di materiali diversi come la breccia corallina, i marmi bianchi, l'arenaria bionda, insieme all'uso della tecnica dell'intarsio, consentono una calda vibrazione luministica che ben si sposa con i colori della soleggiata Murgia Pugliese.Nell'ancor ricco apparato ornamentale si passa dalla trionfante decorazione vegetale profusa nei capitelli e nelle chiavi di volta, alla fauna fantastica e alla figura umana assunte in funzione architettonica (mensole e chiavi di volta), per giungere alla presentazione dell'immagine nella sua immediatezza e concretezza storica: è il caso del cavaliere, che emerge dalla parete su una porta del cortile, e dei busti-ritratto che spiccavano un tempo nel campo del timpano del classicheggiante portale principale, così come si racconta in descrizioni dell'Ottocento e come provano la testa laureata (il cosiddetto frammento Molaioli) e il busto acefalo ritrovati a Castel del Monte e ora esposti nella Pinacoteca Provinciale di Bari. In questo coerente e articolato universo figurato di accezione radicalmente laica, trovano spazio e giustificazione il nudo, recuperato nella sua naturalistica organicità, e il ritratto, interpretato con particolare intensità.
Sul calato dei numerosi capitelli di Castel del Monte, non soltanto quelli giganteschi delle sale (scolpiti in breccia corallina al pianterreno e in marmo al piano superiore) ma anche quelli che decorano porte e finestre, si sviluppano con fresca immediatezza le più varie specie vegetali " viste" direttamente dalla natura. Dalla corona di foglie di fico che adorna una chiave di volta al primo piano, si stacca un frutto ancora acerbo insinuandosi fra i costoloni. Nella luce di alcune finestre, pampini e tralci di edera, preziosamente intagliati, salgono in trame leggere dal collarino dei capitelli, richiamando, per il senso di crescita non ancora interrotta che muove i germogli, la flora scolpita nelle cattedrali d'Oltralpe, in particolare alcuni esemplari di singolare finezza a Reims e nella Sainte-Chapelle.
Per le parti figurate di Castel del Monte, la conoscenza indubbia dei fatti di Reims, maschere e telamoni in particolare, sembra passata al filtro di una visione più pacata, alimentata di certo dalla linfa classicheggiante locale; espressa in termini di assolutezza geometrica. Le figure di ignudi poste a reggere la volta esapartita della settima torre vivono sospese nello spazio che contribuiscono a costruire con la densità plastica e il rigore geometrico delle loro forme. Il mutare imprevisto, quasi giocoso, dei gesti e degli atteggiamenti si sviluppò sul filo di un rigoroso esercizio di geometria. Inoltre, il trasmutare dell'espressione da un volto all'altro (sereno o grottesco) propone su altri registri, la mutevolezza stessa della vita.
La scomparsa di una delle teste-mensole poste a sostegno dei costoloni della volta della terza torre, ha purtroppo lacerato la rete di relazioni che dovevano intercorrere tra di esse: le due superstiti, quella del fauno dall'espressione struggente e quella femminile dal volto ridente e colmo, erompono con autonoma vitalità dalle strutture architettoniche, cui sono raccordate con levità grazie al gioco sinuoso delle linee descritte dalle ciocche ariosamente scomposte dei capelli. Bandito dai chiostri, il riso trovava espressione nella festa e nella vita di corte o risonava nelle piazze dove si faceva burlone e osceno, di qua rimbalzava sulle pareti delle chiese, nella mimica caricata di alcune sculture (le mensole della cattedrale di Reims mostrano un repertorio fra i più sorprendenti). In Castel del Monte, il riso sembra sgorgare a gola piena sotto la volta della terza torre, ove spicca dalla parete la testa di donna ridente, per. poi variare, dal sorriso umbratile allo sberleffo più irriverente, nei telamoni che sorreggono la volta a ombrello della settima torre. Sembra quasi di avvertire, nel gioco mutevole delle espressioni, il riflesso degli studi di fisionomica che negli stessi anni si andavano coltivando nella cerchia federiciana. La splendida serie delle chiavi di volta superstiti nelle sale trapezio, ripropone con chiarezza le regole geometriche della trasformazione delle figure piane, insistendo sul tema, fondamentale per tutto l'edificio, della quadratura del cerchio. In Castel del Monte si aduna al massimo livello ogni qualità dell'arte federiciana: con la matura esperienza di artisti improntati della più nuova cultura d'Oltralpe, si incontra la giovinezza di coloro che continueranno nella seconda metà del secolo le esperienze proprie della sfera federiciana.
Significati e simboli palesi e nascosti. E' noto come Federico II facesse parlare i suoi castelli a testimonianza del suo potere. Egli conosceva troppo bene il linguaggio del Simbolo che si fa corona, o aquila, o castello per non usarlo in modo lucido e determinato. L'imperatore sentiva su di sé il peso della sua funzione di mediazione tra Dio e gli uomini, ed è per questo che egli ebbe necessità di usare la forza dei simboli per riportare giustizia, ordine, perfezione e senso del sacro lì dove erano scomparsi. Dunque l'ordine sacro dell'aritmetica e della geometria dei suoi castelli fu levato contro il disordine di Roma; l'imponenza della loro architettura fu impiegata per descrivere la sua autorità suprema, per mostrare la sua sapienza simbolica, per legittimare la sua conoscenza e custodia del sacro. Meraviglioso compendio di tale simbologia è quello tra i suoi castelli che rimane diverso, unico, al di sopra degli altri: Castel del Monte. Ma con quale scopo fu costruito? Si possono dare cento risposte a questa domanda, ciascuna con il suo pezzo di verità. Che cosa, dunque non è Castel del Monte? Non è un castello per la difesa militare, cioè un castrum ; non ha fossato, non ha ponte levatoio, non ha caditoie per proiettili e olio bollente, non ha scuderie, non ha camerate, né cucine, né magazzini; non ha sotterranei per i prigionieri, né vie segrete per la fuga. Non è mai stato impegnato in un combattimento. Non è una residenza di caccia, né un luogo di divertimenti: ha solo 16 stanze tutte uguali, non ha sale da pranzo, né saloni di ricevimento. Non fu costruito da precisi architetti: nessun nome, nessuna firma è mai comparsa su qualche documento.La sua costruzione fu affidata a maestranze di monaci cistercensi francesi e artisti locali. La sua forma ottagonale rappresenta il punto di incontro tra il cerchio, la perfezione di Dio, e il quadrato, l'imperfezione dell'uomo. Il numero otto, dunque, lega l'infinito al finito, fonde il perfetto con l'imperfetto. L'ottagono è ripetuto nove volte nell'impianto di Castel del Monte, cioè tre volte il numero perfetto: la TRINITA'.La forma ottagonale è ottenuta dalla intersezione di quattro rettangoli con il lato minimo di m.22 in rapporto aureo. Secondo la tradizione antica, il numero d'oro 1,618, ha in se il ricordo della CREAZIONE, in quanto, esso regolava le proporzioni del mondo planetario, vegetale, marino, del corpo umano….. Il numero d'oro sembra essere anche l'elemento che lega tra loro Castel del Monte, la piramide di Cheope e la Cattedrale di Chartres. Pare che Castel del Monte custodisca nelle proprie divine proporzioni le indicazioni di scoprire una camera nascosta della piramide di Cheope nella quale sarebbe custodito "Qualcosa che è al sopra dei continenti, delle razze, delle religioni". Lo stesso messaggio si troverebbe nella Cattedrale di Chartres (L. Patruno).
C'è poi chi sostiene che esistano altre relazioni tra i tre monumenti: Il Castello, infatti, dista in longitudine 15 gradi ovest da Chartres, 15 gradi est da Giza. Interessante coincidenza numerica è la lunghezza del perimetro del Castello che misurata in cubiti sacri è di 111: Il cubito è la misura usata per la costruzione del Tempio di Salomone, simbolo della religione ebraica e del Dio di Israele in terra. 111 è inoltre il numero che deriva dalla concordanza temporale tra i moti solari e i moti lunari; è il simbolo della divinità che comanda la creazione; è il simbolo della Triplice unità divina.
Il fascino e il mistero che avvolge il Castello ha stimolato l'intelligenza e perché no la fantasia di numerosi altri studiosi che hanno trovato altre affinità tra le misure del Castel del Monte e la numerologia e l'astrologia. Per l'analisi delle loro teorie rimandiamo alla lettura dei loro testi; ma una unica certezza resta: CASTEL DEL MONTE.
A cura della dott. Silvia Di Pietro.
Bibliografie:
Maria Pia Scaltrito Progetto 111 Mario Adda Editore Bari, 2000.
Maria Stella Calo' Mariani Castel del Monte. La veste ornamentale in AA.VV. Federico II, immagine e potere a cura di Maria Stella Calo' Mariani e Raffaella Cassano Venezia, 1995.
ORARI APERTURA CASTEL DEL MONTE
1° marzo - 30 settembre: dalle 10.15 alle 19.45
1° ottobre - 28 febbraio: dalle 9.15 alle 18.45
N.B. la biglietteria chiude mezz'ora prima dell'orario di chiusura.
BIGLIETTO:
intero Euro 5,00 - ridotto Euro 2,50 (da 18 a 25 anni); gratuito fino a 18
VISITE GUIDATE: contattaci al numero 0883-592283 -
e-mail:
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