c/o IZ7DOZ Loconte Pasquale via Madrid n. 17 - 76123 Andria (BT)

Diploma "CASTEL DEL MONTE" CITTA' DI ANDRIA
IL Diploma "CASTEL DEL MONTE" CITTA' DI ANDRIA
LA TARGA Worked All Caribbean Sea Regolamento/Rules By IK7NXU ©
Leggendarie e incerte sono le origini di Andria; sembra comunque accertato che Pietro I il Normanno, Conte di Trani, fondò, o meglio, rifondò Andria elevandola a "civitas",cingendola di mura, verso il 1046.La città fu, dunque, dominio normanno sino a quando il Regno di Puglia e di Sicilia passò, nel secolo XII, agli Svevi, la cui storia, in particolare quella di Federico II, è strettamente legata a quella di Andria: nella cripta della cattedrale, furono infatti sepolte due delle sue mogli, Jolanda di Brienne e Isabella d'Inghilterra e ad Andria nacque il futuro imperatore Corrado IV.Dopo la sconfitta e la morte di Manfredi a Benevento, nel 1266, Andria, passata agli Angioini, divenne Contea e sotto Francesco I del Balzo assunse il titolo di Ducato.
Castel del Monte. Fra i castelli edificati da Federico II di Svevia in terra di Puglia, spicca Castel del Monte. Sorge a circa 17 Km da Andria su un colle alto 540 metri s.l.m.. Lo si raggiunge percorrendo la S.S. 170. Il castello fu realizzato da maestranze locali, ma anche da scalpellini e artigiani saraceni e nordici. Il maniero faceva parte di una fitta rete di fortezze strategiche, per lo più destinate alla difesa del territorio, ma Castel del Monte richiama solamente nell'aspetto esterno la tipologia del fortilizio. Appare invece come il simbolo della potenza Sveva, il diadema imperiale che si staglia contro il cielo terso e azzurro di Puglia. Solenne ed armoniosa costruzione a pianta ottagonale con otto torri di forma analoga in corrispondenza degli spigoli, fu fatto erigere, come residenza di caccia o per dotti intrattenimenti sulla matematica e l'astronomia, dall'imperatore svevo nel 1240. Sarebbe da escludere la sua funzione difensiva per la mancanza di un fossato, di sotterranei e di opere di difesa in genere. La sua originalità consiste nella forma della pianta e delle sedici sale trapezoidali dislocate su due piani, collegati tra loro da scale poste nelle torri. Vi si fondono in simbiosi perfetta elementi dello stile romano, arabo, normanno e gotico. Trasformato in prigione dagli Angioini, fu teatro dei festeggiamenti per il matrimonio fra Beatrice d'Angiò e Bertrando del Balzo nel 1308. Dopo alterne vicende, fu acquistato dai Carafa, insieme alla città di Andria, nel 1552; rimasto in seguito incustodito subì una triste storia di saccheggi e devastazioni. Dal 1876 è proprietà dello stato, che lo ha restaurato e reso fruibile.La veste ornamentale. Quando nel 1240 le maestranze di Castel del Monte interruppero la loro opera, a causa di una grave crisi edilizia, l'organismo architettonico era realizzato: si stava completando il rivestimento marmoreo di alcuni ambienti e in pari tempo si andava arricchendo, in qualche sua parte, il corredo scultoreo. Oggi, nonostante la mutilazione o la spoliazione subita dalla costruzione federiciana nel corso dei secoli, è possibile ancora apprezzare e ricostruire il programma ornamentale distribuito con misura ed eleganza in tutto l'edificio. Prima di tutto il colore svolge una funzione importante nella veste ornamentale del castello: l'accostamento di materiali diversi come la breccia corallina, i marmi bianchi, l'arenaria bionda, insieme all'uso della tecnica dell'intarsio, consentono una calda vibrazione luministica che ben si sposa con i colori della soleggiata Murgia Pugliese.Nell'ancor ricco apparato ornamentale si passa dalla trionfante decorazione vegetale profusa nei capitelli e nelle chiavi di volta, alla fauna fantastica e alla figura umana assunte in funzione architettonica (mensole e chiavi di volta), per giungere alla presentazione dell'immagine nella sua immediatezza e concretezza storica: è il caso del cavaliere, che emerge dalla parete su una porta del cortile, e dei busti-ritratto che spiccavano un tempo nel campo del timpano del classicheggiante portale principale, così come si racconta in descrizioni dell'Ottocento e come provano la testa laureata (il cosiddetto frammento Molaioli) e il busto acefalo ritrovati a Castel del Monte e ora esposti nella Pinacoteca Provinciale di Bari. In questo coerente e articolato universo figurato di accezione radicalmente laica, trovano spazio e giustificazione il nudo, recuperato nella sua naturalistica organicità, e il ritratto, interpretato con particolare intensità.
La scomparsa di una delle teste-mensole poste a sostegno dei costoloni della volta della terza torre, ha purtroppo lacerato la rete di relazioni che dovevano intercorrere tra di esse: le due superstiti, quella del fauno dall'espressione struggente e quella femminile dal volto ridente e colmo, erompono con autonoma vitalità dalle strutture architettoniche, cui sono raccordate con levità grazie al gioco sinuoso delle linee descritte dalle ciocche ariosamente scomposte dei capelli. Bandito dai chiostri, il riso trovava espressione nella festa e nella vita di corte o risonava nelle piazze dove si faceva burlone e osceno, di qua rimbalzava sulle pareti delle chiese, nella mimica caricata di alcune sculture (le mensole della cattedrale di Reims mostrano un repertorio fra i più sorprendenti). In Castel del Monte, il riso sembra sgorgare a gola piena sotto la volta della terza torre, ove spicca dalla parete la testa di donna ridente, per. poi variare, dal sorriso umbratile allo sberleffo più irriverente, nei telamoni che sorreggono la volta a ombrello della settima torre. Sembra quasi di avvertire, nel gioco mutevole delle espressioni, il riflesso degli studi di fisionomica che negli stessi anni si andavano coltivando nella cerchia federiciana. La splendida serie delle chiavi di volta superstiti nelle sale trapezio, ripropone con chiarezza le regole geometriche della trasformazione delle figure piane, insistendo sul tema, fondamentale per tutto l'edificio, della quadratura del cerchio. In Castel del Monte si aduna al massimo livello ogni qualità dell'arte federiciana: con la matura esperienza di artisti improntati della più nuova cultura d'Oltralpe, si incontra la giovinezza di coloro che continueranno nella seconda metà del secolo le esperienze proprie della sfera federiciana.
Significati e simboli palesi e nascosti. E' noto come Federico II facesse parlare i suoi castelli a testimonianza del suo potere. Egli conosceva troppo bene il linguaggio del Simbolo che si fa corona, o aquila, o castello per non usarlo in modo lucido e determinato. L'imperatore sentiva su di sé il peso della sua funzione di mediazione tra Dio e gli uomini, ed è per questo che egli ebbe necessità di usare la forza dei simboli per riportare giustizia, ordine, perfezione e senso del sacro lì dove erano scomparsi. Dunque l'ordine sacro dell'aritmetica e della geometria dei suoi castelli fu levato contro il disordine di Roma; l'imponenza della loro architettura fu impiegata per descrivere la sua autorità suprema, per mostrare la sua sapienza simbolica, per legittimare la sua conoscenza e custodia del sacro. Meraviglioso compendio di tale simbologia è quello tra i suoi castelli che rimane diverso, unico, al di sopra degli altri: Castel del Monte. Ma con quale scopo fu costruito? Si possono dare cento risposte a questa domanda, ciascuna con il suo pezzo di verità. Che cosa, dunque non è Castel del Monte? Non è un castello per la difesa militare, cioè un castrum ; non ha fossato, non ha ponte levatoio, non ha caditoie per proiettili e olio bollente, non ha scuderie, non ha camerate, né cucine, né magazzini; non ha sotterranei per i prigionieri, né vie segrete per la fuga. Non è mai stato impegnato in un combattimento. Non è una residenza di caccia, né un luogo di divertimenti: ha solo 16 stanze tutte uguali, non ha sale da pranzo, né saloni di ricevimento. Non fu costruito da precisi architetti: nessun nome, nessuna firma è mai comparsa su qualche documento.La sua costruzione fu affidata a maestranze di monaci cistercensi francesi e artisti locali. La sua forma ottagonale rappresenta il punto di incontro tra il cerchio, la perfezione di Dio, e il quadrato, l'imperfezione dell'uomo. Il numero otto, dunque, lega l'infinito al finito, fonde il perfetto con l'imperfetto. L'ottagono è ripetuto nove volte nell'impianto di Castel del Monte, cioè tre volte il numero perfetto: la TRINITA'.La forma ottagonale è ottenuta dalla intersezione di quattro rettangoli con il lato minimo di m.22 in rapporto aureo. Secondo la tradizione antica, il numero d'oro 1,618, ha in se il ricordo della CREAZIONE, in quanto, esso regolava le proporzioni del mondo planetario, vegetale, marino, del corpo umano….. Il numero d'oro sembra essere anche l'elemento che lega tra loro Castel del Monte, la piramide di Cheope e la Cattedrale di Chartres. Pare che Castel del Monte custodisca nelle proprie divine proporzioni le indicazioni di scoprire una camera nascosta della piramide di Cheope nella quale sarebbe custodito "Qualcosa che è al sopra dei continenti, delle razze, delle religioni". Lo stesso messaggio si troverebbe nella Cattedrale di Chartres (L. Patruno).